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Il paganesimo in Italia

lunedì 29 giugno 2009

Intervista al prof. Sandro Consolato
di Francesco Mancinelli (www.juliusevola.it)

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Cominciamo dalle radici… l'Europa ha effettivamente delle "radici giudaico-cristiane", come si vorrebbe da più parti?
"Il giovane Evola di Imperialismo pagano proclamava l'Antieuropa, mettendo in guardia contro un pericolo euro-cristiano… Comunque, una cultura europea marcatamente unitaria, dall'Atlantico agli Urali, dall'Islanda a Malta, si è in effetti avuta solo col Medioevo, con la cristianizzazione del nostro continente, cioè di terre e popoli cui il cristianesimo primitivo era estraneo, poiché nato in ambito etnico e religioso giudaico. Ma proprio perché il cristianesimo è originariamente un fenomeno allogeno, non si può parlare di radici profonde dell'Europa senza riferirsi al mondo precristiano, con le tradizioni ellenica e romana e con quelle dei popoli celtici, germanici, baltici e slavi, che hanno poi dato un loro colorito alle società cristiane".

Ma la spiritualità europea deve tener conto di religioni viventi, non estinte…
"Beh, intanto vi sono alcuni paesi europei che hanno dato un riconoscimento giuridico all'esistenza e alla pratica dell'antico paganesimo. L'Europa intera deve tener conto di fatti simili, anche allargandosi ad Est: in Lituania il paganesimo indigeno, riconosciuto anch'esso dallo Stato, ha una storia lunga e vivace, ad esempio. Una nostra delegazione, guidata da Daniele Liotta, invitata in Lettonia alla Conferenza internazionale delle religioni etniche del giugno 2007, ha potuto constatare come lì l'essere pagani sia un fatto normale, un dato della stessa identità nazionale. Il giorno del Solstizio i pagani entrano gratis nei musei, ad esempio".

E in Italia, la patria dei Romani?
"Quando si parla di paganesimo bisogna tener distinti due fenomeni: la religiosità popolare e le tradizioni élitarie. Nei paesi celtici, scandinavi, baltici e slavi, rispetto a quelli mediterranei, cioè l'Italia e la Grecia, il paganesimo popolare è forse riuscito nei secoli, e in certe aree, a rimanere più autonomo dal cristianesimo, però solo in ambito mediterraneo (in cui comunque restano interessantissime sopravvivenze popolari pur sotto veste cristiana) sembrano esserci state sempre delle élites pagane, e ciò lo si deve proprio alla continuità della superiore cultura greca e latina, veicolo fino a noi del neoplatonismo, che è poi il più alto paganesimo filosofico, dell'ermetismo alchemico e di riti più propriamente legati alla religione civica e privata del mondo classico. Nel Rinascimento, cioè non appena si allentano i vincoli del controllo religioso medievale, poi rinserrati da Riforma e Controriforma, si hanno forme palesi di reviviscenza pagana che non si possono spiegare senza una continuità sotterranea attraverso i secoli. Nel 400 in Grecia c'è la repubblica pagano-platonica di Giorgio Gemisto Pletone, in Italia l'Accademia Romana di Pomponio Leto, da cui si palesa la sopravvivenza del pontificato massimo pagano nella città dei papi. Tra queste due realtà vi era peraltro un rapporto, e non a caso la tomba di Pletone è in Italia. Accanto a tutto ciò c'è poi l'autonomo riprendere una ritualità pagana indirizzata agli antichi Dei da parte di singoli o gruppi, tutti appartenenti a ceti colti, poiché era dai classici latini e dai monumenti che si potevano attingere formule, costumi, pratiche religiose".

Nell'Italia contemporanea cos'è rimasto?
"La più decisa affermazione pubblica circa la permanenza fino a noi di un centro iniziatico - il che vuol dire della tradizione esoterica - pagano italico-romano fu fatta nel 1928 da Arturo Reghini su una prestigiosa rivista di scienze iniziatiche, UR, diretta da Julius Evola, a sua volta autore nel 1928 del già ricordato Imperialismo pagano, che invitava esplicitamente il neonato regime fascista a far proprio il riferimento spirituale al paganesimo imperiale. In un suo articolo firmato con pseudonimo (tutti i collaboratori della rivista avevano l'obbligo dell'anonimato), Reghini scrisse che, per quanto potesse sembrare inverosimile, un centro iniziatico romano si era ininterrottamente mantenuto dalla fine dell'Impero fino al tempo presente, con una continuità anche fisica di trasmissione. Reghini non era uno dei tanti occultisti del Novecento, ma una poderosa figura spirituale, un insigne esploratore e rinnovatore della matematica pitagorica: le sue parole hanno un peso non indifferente. Di questo passaggio si possono cogliere solo, a volte, certe tracce lasciate nella storia culturale e politica dell'Italia. Chi vuole avvicinarsi al paganesimo, nell'Italia di oggi, deve però necessariamente guardare a ciò che gli appare più da vicino, e non aver paura di praticare dei riti senza il conforto di una secolare realtà visibile dietro le spalle, che è poi la sicurezza che si ricerca nelle grandi religioni storiche. Bisogna avere un po' il coraggio dell'umanista del Quattrocento, o dello studente dell'Ottocento, che, leggendo di una preghiera o di un rito di offerta in un classico latino, ha detto a se stesso: "E se lo facessi io, che accadrebbe?".

Quali sono oggi i gruppi, le personalità del paganesimo italiano?
"In Italia vi sono individui e gruppi che si richiamano genericamente al paganesimo, o che lo intendono in senso non romano-italico e nemmeno classico, ma celtico o addirittura nordico, odinistico: un non senso, perché se nell'Italia antica e poi nelle tradizioni popolari esiste una componente celtica, Odino in Italia non è mai stato di casa: i Longobardi, di cui peraltro sono un simpatizzante, arrivarono in Italia già cristianizzati, pur se malamente; i Normanni del Sud, poi, non erano più i Vikinghi pagani… Ma esistono gruppi che non amano la pubblicità, che non fanno riviste, che non hanno siti internet. Il Movimento Tradizionale Romano cui appartengo, ha scelto la strada di una presenza culturale attiva ed esplicita, ed ha gruppi in varie regioni d'Italia. A livello pubblico va segnalata anche l'Associazione Romania Quirites di Forlì. Noi del MTR operiamo culturalmente con un sito ed un forum in internet (www.lacittadella-mtr.com e www.saturniatellus.com), ma soprattutto con la rivista cartacea La Cittadella (c'è anche Arthos, ma solo in parte tratta di argomenti pagani). Comunque, ciò che caratterizza il MTR è l'aver raggiunto uno status culturale riconosciuto, che lo porta al dialogo con personalità del mondo accademico e alla simpatia da parte di intellettuali non conformisti. Certo: l'attività culturale di per sé non rende nessuno più pagano di un altro, però è evidente che la qualità di tale attività aiuta a legittimare socialmente l'attività più strettamente spirituale".

A proposito di attività culturale, Lei ha collaborato anche al volume collettivo di Ar Il 'gentil seme', che si interrogava proprio sulle radici dell'Europa…
"Sì, ha fatto bene a citare quel volume. Guardi, io lo considero una delle più efficaci testimonianze dell'esistenza in Italia di una cultura pagana di alto livello, capace di misurarsi con le grandi questioni filosofiche, storiche, politiche. Le Edizioni Ar, specialmente negli ultimi anni, hanno dato anche loro un grande contributo a rendere normale il parlare di paganesimo".

In Italia, ma non solo, il paganesimo ha una storia che si intreccia con il fascismo prima e col neofascismo, il radicalismo di destra poi. Come lo spiega?
"Il fatto è che fin dai suoi albori il fascismo ha interessato certe personalità e certi ambienti, che ritenevano il movimento di Mussolini una grande occasione storica per ridare all'Italia un grande ruolo storico, che il richiamo a Roma rendeva un obbligo. E' vero per Giacomo Boni, per Arturo Reghini, per Julius Evola. Ed è per questo che un pagano italiano, oggi, può benissimo affermare di non essere fascista, ma di certo non può dichiararsi antifascista. Contrariamente a quello che si crede, nel neofascismo il paganesimo romano non ha avuto molto rilievo. Ora, il paganesimo può anche essere un dato filosofico élitario, ma la romanità deve sempre tradursi in realtà politica, in ordine statuale, sociale. Tuttavia la nascita dei Dioscuri, in seno ad Ordine Nuovo, alla fine degli anni 60, è stata molto importante. Scrivere pubblicamente, come fecero loro, che per ridare un ordine tradizionale non solo all'Italia ma al mondo intero bisognava riaccendere a Roma il fuoco di Vesta non era cosa da poco, soprattutto allora".

Ma qual è la vita religiosa di un pagano romano dei nostri giorni?
"E' una vita centrata su un culto che è da dirsi privato anche quando è comunitario, poiché la religione dei Romani era innanzitutto la religione dello Stato romano (i suoi sacerdoti erano magistrati, questo non va dimenticato), e per essere pienamente ripristinata occorrerebbe un culto pubblico dello Stato. Il culto privato, come peraltro quello pubblico, è scandito dall'antico calendario romano, con le sue calende, none ed idi. Da molti anni Renato del Ponte, personalità di spicco del tradizionalismo romano dei nostri tempi, edita un calendario che ci avvicina al tempo sacro dei nostri maggiori. Vorrei però concludere dicendo che gli antichi, romani o greci che fossero, non sapevano di essere pagani e politeisti. Il primo è un termine polemico coniato dai cristiani con riferimento alle sopravvivenze di antichi culti nei pagi, cioè nei villaggi rurali, il secondo un termine scientifico moderno. I nostri antichi sapevano solo di essere pii e religiosissimi e che come tali dovevano venerare più Dei, non perché ignorassero una unitaria realtà metafisica ma perché sapevano che tale realtà si esplicita in una meravigliosa pluralità di forme e funzioni che rendono il cosmo sacro e bello. Se i due termini, pagani e politeisti, servono semplicemente a far capire subito: il primo che ci riferiamo alla spiritualità precristiana, il secondo al pantheon classico, allora possiamo anche definirci pagani e politeisti; se devono generare confusione (ad es. permettendo che si venga associati a sgradevoli occultismi new age), allora è meglio privilegiare la definizione di tradizionalisti romani, sempre che sia di questi ultimi che si parla".

Sta prendendo le distanze dal termine "pagano"?...
"No, per nulla. Nel termine pagano vi è un segno distintivo radicale, non compromissorio con ciò che è venuto dopo, che spesso è utile per sfuggire alle insidie di certe visioni spiritualiste, per le quali il "buono" del mondo antico sarebbe stato definitivamente assimilato dal monoteismo cristiano ed islamico. E poi, anche nella cultura accademica il termine paganesimo viene correntemente usato per riferirsi non solo alla religiosità greca e romana, ma alle stesse filosofie e letterature antiche, da Platone a Proclo, da Omero a Virgilio. Insomma, il paganesimo è il dato originario della cultura europea: non può essere un termine criminalizzato, né appioppato a fenomeni d'altra origine, come è d'uso nel parlare del papa e dei vescovi, che gridano al ritorno al paganesimo ora per il satanismo ora per il matrimonio gay".

http://www.juliusevola.it/documenti/template.asp?cod=671

Riflessioni sulla Verità o Il Decalogo della Parola

venerdì 27 marzo 2009

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Riflettendo e facendo mio quanto scritto sulla Dottrina delle Idee di Platone, e su alcuni versetti delle Upanishad indù, concordi nel ritenere il mondo sensibile solo una derivazione imperfetta del mondo ideale, sono giunto a conclusione che bisogna trascendere i sensi per scoprire la Verità, e che bisogna soprattutto imparare a pensare per immagini e non per parole, liberandoci quindi dal giogo dell’oggettività e della contingenza della sintassi.



Continuando per Platone l'Iperuranio o mondo delle idee, rappresenta l'aspetto autentico della realtà nella sua totalità dunque la verità, mentre il mondo sensibile, rappresentante il mondo dell'incertezza, in cui nulla si può dire di certo che non sia opinione, è un mondo subordinato al primo, solo il mondo delle idee quindi rappresenta la verità, e la verità si pone in una posizione di superiorità rispetto all'opinione, di per sè relativa.



Poiché dunque, a nessuno di noi è dato di portare la verità in tasca, tranne forse ad alcuni maestri illuminati, tutto ciò che scriviamo, leggiamo, o facciamo è relativo ed irrilevante ai fini della comprensione della Verità, dunque, secondo il mio parere dovremmo imparare a diffidare da talune pubblicità ingannevoli, e soprattutto dai falsi maestri, che si autoconferiscono i crismi di portatori della verità, quando poi nell’oscurità della loro libreria salottiera pensano non già a comunicare la Verità, bensì a come progettare un’opera che sfondi nel mercato, da gettare in pasto alla massa sempre ingannata e sempre ignorante. Come tutti ben sappiamo, ciò che è alla portata di tutti, come ad esempio alcuni libri frivoli ( non faccio nomi, penso avrete già capito), o certa televisione da quattro soldi, è indigesto.

Non mitizziamo quindi un Umberto Eco, o peggio un Moccia , perché di certo, la lettura dei loro testi non ci porterà mai a comprendere la verità, né tantomeno qualcosa che gli assomigli. Sono uomini come noi, o forse anche peggio, perché giunti ormai alla fama, non fanno altro che cullarsi fra titoli onorifici e fatturati astronomici, rinunciando a nuove sfide, perdendosi in fiumi di pedanteria o di indigesto opportunismo nella contemplazione sterile dei loro allori.

A questo punto, farei come Caligola, che fece console il suo cavallo, io conferirei al mio cane la laurea di poeta e letterato.

Tutta la cultura contemporanea, è sterile e pacchiana, capite...? Perché se non si comunica la verità ma una visione distorta di essa scrivere non ha proprio senso, è solo un’inutile spreco d’inchiostro.



Dunque nella mia contorta e perversa mente di giovane apprendista lettore e scrittore, mi chiedo perchè leggere libri su libri se poi questi non ci comunicano niente, lasciandoci sempre a brancolare nel buio dell’ignoranza di significati? Perchè innalzare a simboli di cultura uomini che la cultura l’hanno stuprata e distrutta, e hanno anche ricevuto riconoscimenti per averlo fatto? Voglio anch’io dunque un titolo per quello che sto scrivendo, d’altronde anch’io voglio distruggere la lingua italiana, se mai ce ne fosse ancora bisogno.

Ma vabè seguendo il consiglio di Dante dopo aver guardato il lerciume di questi sedicenti maghi e profeti dello scrivere, passerò oltre...



Dunque vi dirò che la Verità non risiede nell’ordine e nella tecnicità delle parole di un testo, di un libro o di un documento, ma trascende i segni d’inchiostro e le parole vane, gli scarabocchi degli uomini, e si prende gioco di noi standoci innanzi, ma ben coperta dalla coltre di ignoranza che ci separa e ci vuole separati da essa.

Ebbene la Verità, è l’unica cosa per cui vale la pena lottare, e rischiare, e risiede nell’animo di ognuno di noi, e si manifesta in tutto il suo severo splendore quando siamo a contatto delle cose belle e dell’estremo.

Dunque amici miei se dovete comprar libri, comprate solo quelli che aiutino a trascendere la meschinità e la mediocre saccenteria di un fenomeno da baraccone pubblicizzato e strapagato, solo ‘i libri belli’ meritano d’esser letti, il resto è carta straccia, opera di pennivendoli boriosi che niente hanno da spartire con la Verità, e con questo incoraggio me stesso a farlo, anch’io preda spesso e volentieri del male passeggero ( ma molto spesso cronico) della reclàme e di presunti filosofi barbuti ierofanti.



Dunque, in preda a questo impeto collerico di papiniana memoria (lungi da me paragonarmi a Lui, anzi mi inchino al grande maestro) mi scaglio contro l’arte povera di significato, con questo mio disperato‘’Decalogo della Parola’’, donde propongo di distrugger la sintassi e gli schemi ordinari e tediosi per dare nuovi contenuti e nuove forme agli scritti che verranno. Abbattendo la tapineria e l’ordinarietà tipicamente borghese e perbenista dello scrivere forbito ma arido. Non faciamo anche noi come taluni 'avvocati azzeccacarbugli' solo per acquisire un posto al sole, anzi all’ombra di qualche casa editrice famosa, ma continuiamo pazzamente a rincorrere la verità, che si mostra solo quando non ci sono più parole, quando non ci sono più gesti, anche perchè la verità non si può descrivere nè raccontare, ma percepire, intuire, come una rivelazione, un processo alchemico, un’epifania sciamanica in cui il significato prende forma nella trance dei sensi .

Or dunque prepariamo la pira, spargiamo la paglia, appicchiamo un falò; come si faceva un tempo per celare la Verità, noi faremo ora per affermarla, bruciamo tutto, salvo la Verità, perciò bruciamo i best sellers, i mostri sacri, i dizionari, e creiamone di nuovi, ribruciandoli a loro volta quando sarà giunto il loro tempo e l’uomo avrà voglia di giocare con nuove parole. Perchè tutto è gioco, tutto è relativo, tranne la Verità che è una e una sola, e nessun libro potrà mai darcela. Giocare quindi con le parole e con i loro significati, il senso compiuto non esiste, il mondo è illogico, è tutto un gioco di specchi, perciò non facciamo schemi, essi muteranno, non facciamo progetti, non si avvereranno o si avvereranno fra anni, non sforziamoci di creare capolavori, ma diventiamo capolavori, perchè sicuramente, se la verità esiste non ha bisogno di pubblicità o di titoli, ma si lascerà cogliere nella naturalezza voluta del genio.



''Il Decalogo della Parola''
Libertà d'espressione sarà la Legge:


1)Convertitevi alla religione della parola, siate i demiurghi della vocabolo,
gli alchimisti dell'allocuzione, i sacerdoti del logos.



2) La parola dev'esser libera di colpire come la folgore, incendiaria, potente,
tremenda, deve scuotere gli animi e bruciare le carni.



3)La parola dev'esser potenza, potenza della comunicazione, potenza dell'intuizione
espressa a voce.



4)La parola dev'essere scevra da ogni contesto limitante, deve travalicare il
luogo comune, scindere impietosamente la sintassi come lama nel burro.



5)La parola dev'essere veloce, roboante, cadenzata.



6)Essa dev'essere considerata come di per se stessa un' opera d'arte, esentata
dal contesto logico-strutturale del discorso.



7)La parola può anche essere insensata ma emozionante, vivace magnetica,
colorata.



8)Quando parlate dovete sentirvi come Iddio creatore, voi siete i creatori
della parola, col vostro alito infondete vita ai vostri pensieri e ai vostri
non-pensieri, insomma estrinsecate il vostro essere e il vostro non-essere al
momento che la parola è lanciata come un proiettile all'orecchio del vostro interlocutore.



9)Parlare è libertà, parlare rende liberi, scrivere rende liberi, perciò dite e
scrivete di tutto, dai numeri telefonici, alle vostre password internautiche,
dall'indirizzo di casa al passo della Bibbia, dite anche corbellerie, chi ha orecchie
per intendere vi capirà.



10)Manipolate, spezzettate, frantumate e ricomponete tutto,invertite i
significati, create nonsense e neologismi, abstract.

Giovanni Balducci