Riflessioni sulla Verità o Il Decalogo della Parola

venerdì 27 marzo 2009

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Riflettendo e facendo mio quanto scritto sulla Dottrina delle Idee di Platone, e su alcuni versetti delle Upanishad indù, concordi nel ritenere il mondo sensibile solo una derivazione imperfetta del mondo ideale, sono giunto a conclusione che bisogna trascendere i sensi per scoprire la Verità, e che bisogna soprattutto imparare a pensare per immagini e non per parole, liberandoci quindi dal giogo dell’oggettività e della contingenza della sintassi.



Continuando per Platone l'Iperuranio o mondo delle idee, rappresenta l'aspetto autentico della realtà nella sua totalità dunque la verità, mentre il mondo sensibile, rappresentante il mondo dell'incertezza, in cui nulla si può dire di certo che non sia opinione, è un mondo subordinato al primo, solo il mondo delle idee quindi rappresenta la verità, e la verità si pone in una posizione di superiorità rispetto all'opinione, di per sè relativa.



Poiché dunque, a nessuno di noi è dato di portare la verità in tasca, tranne forse ad alcuni maestri illuminati, tutto ciò che scriviamo, leggiamo, o facciamo è relativo ed irrilevante ai fini della comprensione della Verità, dunque, secondo il mio parere dovremmo imparare a diffidare da talune pubblicità ingannevoli, e soprattutto dai falsi maestri, che si autoconferiscono i crismi di portatori della verità, quando poi nell’oscurità della loro libreria salottiera pensano non già a comunicare la Verità, bensì a come progettare un’opera che sfondi nel mercato, da gettare in pasto alla massa sempre ingannata e sempre ignorante. Come tutti ben sappiamo, ciò che è alla portata di tutti, come ad esempio alcuni libri frivoli ( non faccio nomi, penso avrete già capito), o certa televisione da quattro soldi, è indigesto.

Non mitizziamo quindi un Umberto Eco, o peggio un Moccia , perché di certo, la lettura dei loro testi non ci porterà mai a comprendere la verità, né tantomeno qualcosa che gli assomigli. Sono uomini come noi, o forse anche peggio, perché giunti ormai alla fama, non fanno altro che cullarsi fra titoli onorifici e fatturati astronomici, rinunciando a nuove sfide, perdendosi in fiumi di pedanteria o di indigesto opportunismo nella contemplazione sterile dei loro allori.

A questo punto, farei come Caligola, che fece console il suo cavallo, io conferirei al mio cane la laurea di poeta e letterato.

Tutta la cultura contemporanea, è sterile e pacchiana, capite...? Perché se non si comunica la verità ma una visione distorta di essa scrivere non ha proprio senso, è solo un’inutile spreco d’inchiostro.



Dunque nella mia contorta e perversa mente di giovane apprendista lettore e scrittore, mi chiedo perchè leggere libri su libri se poi questi non ci comunicano niente, lasciandoci sempre a brancolare nel buio dell’ignoranza di significati? Perchè innalzare a simboli di cultura uomini che la cultura l’hanno stuprata e distrutta, e hanno anche ricevuto riconoscimenti per averlo fatto? Voglio anch’io dunque un titolo per quello che sto scrivendo, d’altronde anch’io voglio distruggere la lingua italiana, se mai ce ne fosse ancora bisogno.

Ma vabè seguendo il consiglio di Dante dopo aver guardato il lerciume di questi sedicenti maghi e profeti dello scrivere, passerò oltre...



Dunque vi dirò che la Verità non risiede nell’ordine e nella tecnicità delle parole di un testo, di un libro o di un documento, ma trascende i segni d’inchiostro e le parole vane, gli scarabocchi degli uomini, e si prende gioco di noi standoci innanzi, ma ben coperta dalla coltre di ignoranza che ci separa e ci vuole separati da essa.

Ebbene la Verità, è l’unica cosa per cui vale la pena lottare, e rischiare, e risiede nell’animo di ognuno di noi, e si manifesta in tutto il suo severo splendore quando siamo a contatto delle cose belle e dell’estremo.

Dunque amici miei se dovete comprar libri, comprate solo quelli che aiutino a trascendere la meschinità e la mediocre saccenteria di un fenomeno da baraccone pubblicizzato e strapagato, solo ‘i libri belli’ meritano d’esser letti, il resto è carta straccia, opera di pennivendoli boriosi che niente hanno da spartire con la Verità, e con questo incoraggio me stesso a farlo, anch’io preda spesso e volentieri del male passeggero ( ma molto spesso cronico) della reclàme e di presunti filosofi barbuti ierofanti.



Dunque, in preda a questo impeto collerico di papiniana memoria (lungi da me paragonarmi a Lui, anzi mi inchino al grande maestro) mi scaglio contro l’arte povera di significato, con questo mio disperato‘’Decalogo della Parola’’, donde propongo di distrugger la sintassi e gli schemi ordinari e tediosi per dare nuovi contenuti e nuove forme agli scritti che verranno. Abbattendo la tapineria e l’ordinarietà tipicamente borghese e perbenista dello scrivere forbito ma arido. Non faciamo anche noi come taluni 'avvocati azzeccacarbugli' solo per acquisire un posto al sole, anzi all’ombra di qualche casa editrice famosa, ma continuiamo pazzamente a rincorrere la verità, che si mostra solo quando non ci sono più parole, quando non ci sono più gesti, anche perchè la verità non si può descrivere nè raccontare, ma percepire, intuire, come una rivelazione, un processo alchemico, un’epifania sciamanica in cui il significato prende forma nella trance dei sensi .

Or dunque prepariamo la pira, spargiamo la paglia, appicchiamo un falò; come si faceva un tempo per celare la Verità, noi faremo ora per affermarla, bruciamo tutto, salvo la Verità, perciò bruciamo i best sellers, i mostri sacri, i dizionari, e creiamone di nuovi, ribruciandoli a loro volta quando sarà giunto il loro tempo e l’uomo avrà voglia di giocare con nuove parole. Perchè tutto è gioco, tutto è relativo, tranne la Verità che è una e una sola, e nessun libro potrà mai darcela. Giocare quindi con le parole e con i loro significati, il senso compiuto non esiste, il mondo è illogico, è tutto un gioco di specchi, perciò non facciamo schemi, essi muteranno, non facciamo progetti, non si avvereranno o si avvereranno fra anni, non sforziamoci di creare capolavori, ma diventiamo capolavori, perchè sicuramente, se la verità esiste non ha bisogno di pubblicità o di titoli, ma si lascerà cogliere nella naturalezza voluta del genio.



''Il Decalogo della Parola''
Libertà d'espressione sarà la Legge:


1)Convertitevi alla religione della parola, siate i demiurghi della vocabolo,
gli alchimisti dell'allocuzione, i sacerdoti del logos.



2) La parola dev'esser libera di colpire come la folgore, incendiaria, potente,
tremenda, deve scuotere gli animi e bruciare le carni.



3)La parola dev'esser potenza, potenza della comunicazione, potenza dell'intuizione
espressa a voce.



4)La parola dev'essere scevra da ogni contesto limitante, deve travalicare il
luogo comune, scindere impietosamente la sintassi come lama nel burro.



5)La parola dev'essere veloce, roboante, cadenzata.



6)Essa dev'essere considerata come di per se stessa un' opera d'arte, esentata
dal contesto logico-strutturale del discorso.



7)La parola può anche essere insensata ma emozionante, vivace magnetica,
colorata.



8)Quando parlate dovete sentirvi come Iddio creatore, voi siete i creatori
della parola, col vostro alito infondete vita ai vostri pensieri e ai vostri
non-pensieri, insomma estrinsecate il vostro essere e il vostro non-essere al
momento che la parola è lanciata come un proiettile all'orecchio del vostro interlocutore.



9)Parlare è libertà, parlare rende liberi, scrivere rende liberi, perciò dite e
scrivete di tutto, dai numeri telefonici, alle vostre password internautiche,
dall'indirizzo di casa al passo della Bibbia, dite anche corbellerie, chi ha orecchie
per intendere vi capirà.



10)Manipolate, spezzettate, frantumate e ricomponete tutto,invertite i
significati, create nonsense e neologismi, abstract.

Giovanni Balducci

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